
IL FASCINO DELL'EX - Buongiorno, l’anima granata che oggi respira azzurro

C’è chi cambia squadra.
E poi c’è chi si stacca da casa.
Ma senza mai andare davvero via.
Alessandro Buongiorno non è semplicemente passato dal Torino.
Ci è cresciuto dentro.
Ci ha dormito, sudato, pianto e gioito.
Ha imparato a chiamare “famiglia” una Curva.
Fino a sentirsi fratello di ogni compagno, e portare sulle spalle non solo una fascia, ma una storia che parla più forte di mille parole.
“Vi vorrò sempre bene” – Una lettera per chi gli ha dato tutto
17 anni. Non si spiegano.
Si vivono, si portano sulla pelle.
Sono i cori da bambino, i primi allenamenti al Filadelfia, gli occhi lucidi alla prima in Serie A.
E poi le responsabilità, la fascia sul braccio, la testa alta.
Non per farsi vedere, ma per farsi sentire.
Quando è arrivato il momento di andare, ha fatto ciò che fanno gli uomini veri:
non ha chiesto scusa per la scelta,
ma ha detto grazie.
Ha scritto parole semplici, vere, che sanno di granata puro:
“Vi vorrò sempre bene”.
“Porterò il Toro per sempre nel cuore”.
E allora capisci che no, non è un addio. È un arrivederci. Di quelli sospesi.
Napoli, il nuovo inizio. Ma il cuore è rimasto là.
A Napoli, Alessandro non ha voluto prendersi la scena.
L’ha conquistata. Silenziosamente.
- 91% di passaggi completati: preciso, essenziale.
- 77.4% di dribblatori neutralizzati: settimo in Serie A. Saltarlo è come cercare l’oro nel cemento.
- Solo 2 gialli: mai così pulito, mai così lucido.
- 50% nei TiP (tiri in porta), 0.39 tiri in porta a partita, un gol con xG 0.80.
Non è più il capitano. Ma comanda lo stesso.
Con il corpo in azzurro e l’anima altrove.
Una promessa silenziosa alla Maratona
C’è qualcosa di sacro nel modo in cui ha lasciato il Torino.
Nessuna polemica. Solo emozione.
Cresciuto sotto lo sguardo vigile della Curva Maratona, dove i sogni granata si fanno voce e bandiera.
È lì che ha imparato il senso di appartenenza, lì che ha capito cosa vuol dire giocare per qualcosa di più grande.
Non per una maglia. Per un popolo.
Ogni tackle che fa oggi col Napoli, ogni scivolata, ogni duello aereo, ha dentro un pezzo di quella curva.
Perché non si è granata per un contratto.
Si è granata come si è figli.
E i figli, anche quando crescono, anche quando vanno, restano tali.
Quando tornerà al Grande Torino da avversario, non sarà mai davvero “contro”.
Ci sarà un applauso. Lungo. Unico. Un nodo in gola collettivo.
E lui lo sa.
Perché certi legami non si spezzano. Neanche col tempo.
Buongiorno ha cambiato maglia.
Ma non ha mai cambiato pelle.
Torino l’ha cresciuto. Napoli ora lo esalta.
Ma quel ragazzino con gli occhi pieni di sogni, quello che guardava la Maratona come si guarda un padre…
Quel ragazzino è ancora lì.
Sotto la divisa, sotto i numeri, sotto ogni tackle pulito.
E sussurra, ogni tanto, in mezzo al rumore dello stadio:
“Resto tuo figlio.”
A cura di: Francesco Latorraca